Rivolgersi ad uno Psicologo per ricevere aiuto nell’accettare una malattia (propria o altrui) è tutt’altro che infrequente. Accettare una malattia significa accettare qualcosa di inconcepibile ed inspiegabile, significa imparare a convivere con ciò che è immodificabile e che va contro la naturale propensione della psiche umana, che aspira, in maniera innata, al miglioramento della propria condizione attuale.


IL SOPRAGGIUNGERE DI UNA MALATTIA

Quando si conclama una malattia si verifica, nella vita del soggetto, una rottura: ciò che era certo diviene improvvisamente incerto, generando un disequilibrio esistenziale e dando il via ad forma tutta particolare di “elaborazione del lutto”, ciò che si conosceva ed era considerato consuetudine, lascia il posto a qualcosa di diverso e sconosciuto. La malattia rappresenta una della più grandi sfide sul piano psicologico, impone ristrutturazioni cognitive importanti e costanti, per raggiungere ogni volta nuovi equilibri che rendano più funzionale la convivenza con la patologia (qualunque essa sia). In questi casi si rivela necessario imparare a rispondere alle trasformazioni introdotte dalla malattia per far sì che questa non consumi le risorse dell’individuo, ma, al contrario, le potenzi.


QUESITI PSICOLOGICI ALLA BASE DELLA MALATTIA

Per arrivare a fronteggiare la situazione in maniera corretta e funzionale l’individuo dovrà affrontare i propri demoni ed imparare a passarci attraverso e dovrà confrontarsi con alcune questioni psicologiche di fondo:

  1. “Perché proprio a me?” Questa domanda genera rabbia e frustrazione intollerabili, date dal senso di ingiustizia e dall’incapacità della natura umana di accettare l’inesorabile. Il senso di rabbia spesso di concretizza in accuse alle persone vicine ed autoaccuse, la maggior parte delle volte totalmente irrazionali (se avessi fatto… Forse avrei dovuto… Se tu non avessi fatto… ecc ecc), date da paure altrettanto irrazionali.


  2. “La mia vita non ha più senso” oppure “Come devo vivere la mia vita adesso?” Significa trovare ragioni valide e sufficientemente forti da generare un senso di pienezza e rivalsa per cui valga la pena lottare per migliorare la propria condizione e la percezione della stessa. L’arrivo di una malattia può rendere irrealizzabili obiettivi e desideri che prima erano dati per scontato. Trovare un nuovo senso alla propria vita significa, in prima battuta, modificare la percezione che si ha della stessa e degli obiettivi che ci si pone, cercando di porsi mete che siano maggiormente ricche di valore dal punto di vista umano e dell’arricchimento emotivo, perché spesso ce lo si dimentica ma il malato, nella maggior parte dei casi ha più bisogno di dare, piuttosto che di ricevere.


  3. “Non so più chi sono” è una frase che si sente spesso pronunciare da pazienti appartenenti a questa categoria. Il sopraggiungere di una malattia porta con sé la necessità di generare una vera e propria ristrutturazione dell’identità. Va contrastata la tendenza della persona ad identificarsi solo come “malato”, ovvero colui che è soltanto bisognoso di cure e che non è più socialmente utile. In realtà le possibilità esistenti non vengono percepite in quanto l’attenzione è posta interamente sull’evento patologico ma il soggetto è una persona che ha ancora molto da dare e da realizzare… Per poter vedere e cogliere queste possibilità è però indispensabile effettuare una riorganizzazione del proprio senso di sé e della propria identità. Non si è più la persona che si era prima. Si è qualcosa di diverso. Ma non per questo qualcosa da screditare.



IL RUOLO DELLO PSICOLOGO NELLA RI-PARTENZA: ALCUNE PAROLE CHIAVE

Le fasi che vengono vissute dal soggetto in seguito al presentarsi della condizione patologica sono le medesime che riguardano l’elaborazione del lutto, anche perché, come detto prima, in questi casi si vive una vera e propria sottocategoria di lutto: il dover lasciar andare ciò che si era in precedenza (per approfondire le fasi dell’elaborazione del lutto puoi cliccare qui: https://www.taniabraga.it/elaborare-lutto-psicologo-bologna.html)

Il punto di partenza, nel processo di ristrutturazione cognitiva alla base del sopraggiungere di una malattia, e che rappresenta la prima parola chiave in questo processo, è l’accettazione. Accettare la nuova realtà, con franchezza ed onestà, per poter osservare lucidamente punti deboli e punti di forza della propria condizione, abbandonando l’idea di perfezione ed invincibilità per essere in grado di potenziare la propria situazione e viverla al meglio. Da qui la seconda parola chiave: vivere, non sopravvivere, non svivacchiare, non scivolare sulla propria condizione subendola passivamente ma agendo il massimo delle proprie capacità, mettendo in campo tutte le risorse possedute e sviluppando il più possibile la resilienza (terza parola chiave) necessaria all’affrontare le sfide quotidiane che una condizione di malattia comporta ed indispensabile per ricostruire un nuovo senso di identità, che rappresenta la quarta parola chiave e che non va elaborata solo sul piano teorico, ma impegnandosi concretamente e realizzando qualcosa che valga la pena realizzare, che permetta alla persona di sviluppare il suo senso di valore ed autoefficacia (quinta parola chiave). Il senso di autoefficacia permetterà al soggetto di sentirsi efficace in ciò che fa, nutrendo la sensazione di “saper fare”, perché se non è più tutto realizzabile, in seguito alla malattia, sicuramente molte cose lo sono ancora.

Il percorso con lo Psicologo, si svilupperà toccando tutti i punti sopra riportati e ruotando continuamente intorno ad un concetto base: ogni cosa che perdiamo presuppone l’ottenimento di qualcos’altro, è importante non dimenticarlo ed è la base della propria rinascita perché sono le risorse non danneggiate e le nuove capacità, sviluppate dalle nuove consapevolezze raggiunte, il punto di ri-partenza.

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